Cristianesimo - Le Grandi Verità della Bibbia

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Gli Eretici   dal
Medioevo alla Riforma





Bernardino Ochino
(Siena 1487 - Slavkov 1565)


Bernardino Tommasini, detto Ochino, nacque a Siena nel 1487. Entrò ancor giovane nell’Ordine dei francescani, ma quando vide che i frati non si comportavano come la regola dettava, si fece cappuccino e divenne vicario generale dell’Ordine. Andò a predicare a Firenze, a Venezia, a Roma e a Napoli, dove incontro Juan de Valdès che gli fece conoscere le opere di Lutero e di Calvino. La dottrina della giustificazione lo conquistò e animò le sue prediche, finché a Venezia gli proibirono di salire sul pulpito.

Paolo III Farnese, che aveva inaugurato il Sant’Uffizio nel 1542, lo convocò lo stesso anno a Roma. Ochino chise consiglio al cardinale Contarini, che gli suggerì di non andarci e che poco dopo morì, forse avvelenato. Il frate non gli dette retta e partì per Roma. Per strada trovò il frate agostiniano  Pier Martire Vermigli di Firenze (1499-1562), priore del convento di S.Frediano a Lucca, la città italiana nella quale avevano maggiormente attecchito le idee protestanti. Quest’ultimo aveva capito che l’Eucarestia non è un sacramento ma un simbolo per commemorare la passione di Cristo. I suoi superiori lo avevano convocato a Genova, ma temendo una trappola era deciso ad emigrare a Zurigo. Vermigli raggiunse subito Zurigo, poi passò a Strasburgo e quindi ad Oxford, dove scrisse libelli di denuncia contro gli abusi della Chiesa di Roma. Continuò anche ad esercitare la sua influenza sui suoi amici di Lucca, Martinengo, Zanchi e Secondo Curione, che proseguirono a diffondere le sue dottrine fino al giorno in cui anch’essi dovettero emigrare per sfuggire all’Inquisizione romana, che dominava tutto il mondo cristiano ad eccezione della Spagna e del Portogallo (e quindi delle Americhe), dove era già attiva l’Inquisizione nazionale.

Ochino decise di seguirne l’esempio. Il fratello della sua vecchia amica Vittoria Colonna gli dette  un cavallo con cui raggiunse Ferrara, che era diventata una specie di rifugio per i perseguitati. Ciò grazie alla duchessa Renata, figlia del Luigi XII di Francia, che era stata iniziata al protestantesimo dalla sua governante, Madame Soubise. Renata se l’era portata dietro quando aveva dovuto trasferirsi a Ferrara per sposare Ercole d’Este. Le due donne vi organizzarono un piccolo cenacolo protestante che Ercole tollerava finché l’Inquisizione non li convocò.

Uno riuscì a fuggire: era Calvino, gli altri ritrattarono. La duchessa, condannata all’ergastolo, abiurò e poté tornare a corte ma come prigioniera. Appena restò vedova tornò in Francia. Tutto questo non era ancora successo quando Ochino bussò alla sua porta. Lei lo rifornì di vestiti, di denaro e di lettere di presentazione per i suoi amici di Zurigo e di Ginevra. Fu a Basilea dal 1545 al 1547. Le sue prediche (Sermones) furono stampate a Ginevra. Vi si trova un’eco gioachimita nella suddivisione della storia in tre periodi: quello della legge naturale, fino a Mosè; quello della legge scritta, fino a Cristo; quello della Grazia, sotto Gesù Cristo. L’opera di Ochino fu letta dal mistico polacco Schwenckfeld, nobile della Slesia, il quale sperava di condurlo al proprio credo, cioè che il Battesimo e l’Eucarestia sono solo simboli e che Gesù e gli eletti sono divini in quanto hanno ricevuto lo Spirito Santo; Cristo è divino perché lo diventato, così come i suoi santi. Non è Dio incarnato.

Dalla Svizzera Ochino si trasferì ad Augusta, in Germania, dove si stabilì e prese moglie. Ci stette fino al 1547, quando, avvertito dai magistrati della città che contro di lui c’era un mandato d’arresto imperiale, fuggì prima in Svizzera e poi a Londra. Qui ottenne un impiego a Canterbury e per sei anni visse tranquillamente, dedicandosi ai suoi scritti, nei quali Milton trovò l’ispirazione per il suo "Paradiso perduto".

Quando salì sul trono d’Inghilterra la cattolica Maria Tudor, detta "la Sanguinaria" per la sua persecuzione di eretici e protestanti, Ochino tornò a Ginevra, proprio il giorno successivo all’esecuzione di Serveto (1553). Ne rimase sconvolto ma poté restarvi e pubblicare i suoi "Apologhi" (1554). Per l’ostilità verso Calvino dovette trasferirsi a Basilea e quindi a Zurigo, dove divenne predicatore della comunità dei riformati locarnesi, scacciata dall’autorità ecclesiastica cattolica e accolta a Zurigo. Ochino, allora sessantenne, compose dal 1555 al 1563 un trattatello contro la dottrina del purgatorio, la Defensio dell’insegnamento di Zwingli sull’Eucarestia e la raccolta dei Triginta Dialogi che, per il loro contenuto, dovevano farlo scacciare dalla Svizzera. In essi ritenne ogni peccato perdonabile, perché legato all’ignoranza e all’imperfezione, in opposizione alla dottrina calvinista della predestinazione. Non volle combattere la Riforma ma la sua cristallizzazione in dogmi e in sette. Condannò Calvino per il suo autoritarismo, ma non per le sue dottrine, tranne che per la predestinazione. Non fu un antitrinitario né un condizionalista.   

Espulso dalla città, tornò con la moglie e i quattro figli a Basilea, che lo respinse come "indesiderabile". Andò a Norimberga, quindi in Polonia e infine in Moravia. Per strada incontro la peste che gli portò via tre delle sue quattro creature. Distrutto dal dolore, le seguì nella tomba due mesi dopo. Era il 1565 e aveva settantotto anni. Le sue ultime parole furono: "Non ho mai voluto essere né un papista né un calvinista, ma solo un cristiano".

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