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Gli Eretici   dal
Medioevo alla Riforma





I  Catari


I Catari, cioè i puri (dal greco kataros, puro), costituì un movimento ereticale diffuso in Europa tra il XII e il XIV secolo. ricevettero in Francia il nome di Albigesi perché ebbero ad Albi in Provenza la loro sede più importante. Erano dualisti: per loro il mondo materiale era stato creato da Jehovah, il Dio malvagio dell’Antico Testamento, per cui tutto il Male starebbe nella materia. Il Bene invece nasce dal Dio buono del Nuovo Testamento, Gesù Cristo, Padre delle creature spirituali. Si trattava per loro di due divinità nettamente distinte e per tale motivo erano antitrinitari. L’età precristiana la chiamavano "l’età dell’ignoranza" e quella cristiana "l’età della conoscenza", rivelata da Gesù Cristo agli uomini.

La natura stessa di Gesù Cristo era per essi puramente spirituale, nonostante avesse avuto apparenza umana, e perciò non poteva né  soffrire né morire in croce. Sulla croce era morto un altro. Il loro ministro Bonafos insegnava che "sulla croce Cristo era stato rappresentato da un ladrone, colpevole quanto gli altri due che gli stavano a fianco. E per questo non c’è in quel supplizio niente di rivoltante, perché quello che rappresentava Gesù pagava per i suoi errori personali". La salvezza dunque non starebbe nel Riscatto della croce, che non ci sarebbe stato, ma nel mettere in pratica gli insegnamenti di Gesù Cristo, che aveva spiegato come liberarsi dalla tirannia del corpo per tornare ad essere puri spiriti.

Ripudiavano la messa, le intercessioni per i morti, la confessione auricolare e il culto dei santi. Negavano l’eucaristia perché Cristo era solo spirito e non poteva materializzarsi nell’ostia, che è materia e quindi una creazione dello Spirito del Male. Praticavano però la fractio panis. Nel mondo materiale, nel quale viviamo, non ci sarebbe nulla di buono. Per tale motivo i Catari erano casti e rifiutavano il matrimonio e la procreazione, poiché la riproduzione non era altro per loro che l’imprigionamento di un’anima eterna e spirituale in un corpo materiale. I Catari erano animisti come gli Induisti, i Buddisti e gli Scintoisti. Per loro ogni corpo, anche animale, ospitava un’anima. Erano perciò vegetariani e rifiutavano ogni cibo di origine animale, compreso il latte e le uova. Ogni tanto facevano dei digiuni.

Si dividevano in Perfetti e Credenti. Questi ultimi non erano tenuti a far pubblica professione di fede né dovevano osservare le rigorose pratiche dei Perfetti. La castità, ad esempio, era obbligatoria solo per i Perfetti, cioè per il clero militante. I Credenti, se non ce la facevano a resistere, potevano avere rapporti sessuali purché non si sposassero e non procreassero. I Credenti però erano indispensabili per il mantenimento dei Perfetti, i quali erano venerati in quanto avevano ricevuto il consolamentum, la redenzione dalla materia ottenuta dopo due anni di dure prove. Avevano una gerarchia complicata: erano suddivisi in Chiese federate, ognuna delle quali aveva a capo un vescovo, alle cui dipendenze c’erano dei diaconi, che viaggiavano di regione in regione per predicare e per presiedere alle riunioni religiose.

Il divieto di uccidere per qualsiasi motivo valeva per i Perfetti anche in caso di legittima difesa. Perciò erano costretti a servirsi di guardie del corpo. Credevano nella trasmigrazione delle anime e vestivano di nero perché portavano il lutto alla propria anima condannata all’inferno di questa vita terrena. La via della salvezza consisteva, come per tutti i dualisti, nel liberarsi dalle spire della materia durante numerose reincarnazioni fino alla riunione completa con la divinità della Luce. Per tale motivo, come i Druidi, alcuni Perfetti si lasciavano morire di fame o di freddo per bruciare le tappe della vita terrena. Lo stesso era accaduto in India con il Giainismo. Il loro distacco dal mondo materiale prevedeva la rinuncia ad ogni possedimento e a ogni forma di ricchezza. Benché non stimassero il lavoro manuale, tuttavia eccelsero come agricoltori e artigiani e la Provenza dovette in gran parte a loro la propria eccezionale prosperità.

Poiché la Chiesa di Roma aveva accettato ricchezze e potere, i Catari  ritenevano che si fosse schierata dalla parte del Male e quindi aveva perduto ogni autorevolezza in materia di purificazione delle anime. Gli Albigesi, eretici schierati contro Roma, ottennero la protezione del Conte Raimondo VI di Tolosa e di molti altri nobili della Linguadoca, che facevano leva sull’eresia catara per rafforzare la loro autonomia dal re di Francia. Ma nel 1148, al Concilio di Reims, i nobili della Guascogna e della Provenza che avevano protetto gli eretici furono scomunicati.  Nel 1163, al Concilio di Tours, fu emesso un editto nel quale si ordinava di imprigionare gli Albigesi e di confiscare i loro beni e di usare la forza contro gli eretici.

Dal 1181 al 1182 fu inviato un esercito crociato contro gli eretici in Linguadoca, con scarsi risultati. Innocenzo III pensò di combattere l’eresia con un movimento simile a quello cataro ma ben piantato nell’ortodossia romana. Incaricò di questo compito l’Ordine dei Cistercensi, di cui il frate francese Bernardo di Chiaravalle (1091 – 1153) era il primo abate nel monastero di Clairvaux. I Cistercensi erano adatti perché predicavano l’ascetismo e l’estasi. Per questo motivo Bernardo di Chiaravalle prima di morire riconobbe "che non vi era nulla di più cristiano di questi eretici". Nella lotta ai Catari  si distinse Arnaldo di Citeaux, il superiore dell’Ordine, detto "l’abate degli abati". Ma i Cistercensi fallirono nell’impresa e allora Innocenzo III cercò un antagonista più aggressivo. Lo trovò in uesto compito fu poi aff  Domenico di Guzman (1175-1221), fondatore dei Domenicani, che nel 1206 lo inviò a predicare agli Albigesi, ma che fu da loro respinto. Anzi gli fu detto che la Chiesa di Roma, che lui rappresentava, era la Babilonia dell’Apocalisse. Iniziarono in quegli anni numerosi e vivaci dibattiti sulla pubblica piazza anche tra Catari e Valdesi, che cominciavano allora ad affermarsi.

Nel 1207 il legato pontificio Pietro di Castelnau fu inviato dal Papa al Conte Raimondo VI di Tolosa per convincerlo ad abbandonare i Catari, di cui seguiva le idee, e di opporsi a loro perseguitandoli. Per tutta risposta il 15 gennaio 1208 un sicario del Conte lo assassinò. Innocenzo III reagì ordinando una crociata composta da ventimila cavalieri e da duecentomila fanti. A capo della spedizione fu posto Simone di Montfort, detto "l’atleta di Dio".

A suo fianco c’era il legato pontificio Arnoldo, rimasto famoso per aver ordinato lo sterminio indiscriminato dei ventimila catari di Beziers. A chi prima dell’attacco gli fece notare che tra loro c’erano fedeli cattolici rispose: "Ammazzateli tutti. A riconoscere i suoi ci penserà il Signore."  La guerra fu una lotta tra il re di Francia Filippo Augusto e i Conti di Tolosa. Alla fine della crociata le vittime non si contarono. I nobili che avevano combattuto a fianco degli Albigesi vennero spogliati delle loro terre, che andarono ad arricchire la corona di Francia: la Provenza venne inglobata nel regno.

Al IV Concilio Lateranense del 1215  papa Innocenzo III creò il Tribunale dell’Inquisizione affidandolo ai vescovi. Le repressioni si intensificarono. Domenico di Guzman fu chiamato "Malleus Haereticorum" perché volle che si punisse col rogo non solo gli Albigesi adulti ma anche i loro bambini qualora avessero compiuto i sette anni di età.  Molti catari, piuttosto che rinnegare la propria fede, abbandonarono la Francia, disperdendosi per l’Europa. Terminata la crociata militare, nel 1229 Gregorio IX fece dell’Inquisizione un’istituzione direttamente dipendente dal Papa, ma solo dal 1231, dopo l’approvazione di Federico II, fece accendere i roghi in tutti i paesi dell’Impero. Federico II e Manfredi, che non erano certo settari, approvarono la persecuzione degli eretici per delitto di lesa maestà temendo che fossero dei potenziali sovvertitori dell’ordine costituito.  Nel 1236 Gregorio IX affidò l’Inquisizione ai Domenicani. Nel 1246 Innocenzo IV ne estese la competenza ai Francescani. Intorno al 1250 il nome "Albigesi" sparì definitivamente dalla Francia. Comparve però in Italia, dove molti di loro si rifugiarono.

La crociata contro gli Albigesi spinse anche i Trovatori a fuggire in Italia. I Signori del sud della Francia, che si erano trovati coinvolti nella lotta contro questa eresia, furono in gran parte uccisi, persero i loro domini e le loro Corti furono disperse. I Trovatori, la cui poesia e le cui canzoni erano fiorite in Provenza, trovarono rifugio in Italia, specialmente alla Corte di Federico II. Questi cantori, che usavano in Francia la lingua del volgo (volgare), insegnarono alla Corte di Federico II a fare altrettanto servendosi di un siciliano raffinato. Lo stesso Federico II componeva versi in lingua volgare, ma più di ogni altro il figlio Enzo. Quando questi fu fatto prigioniero dai bolognesi compose nella lingua parlata dal popolo delle poesie malinconiche per esprimere la tristezza causata in lui dal carcere in cui era venuto a trovarsi. Questi versi piacquero al bolognese Guido Guinizelli e lo ispirarono a comporre la canzone "A cor gentil repara sempre amore", che divenne il manifesto dello Stil Novo.

Ma torniamo ai Catari rifugiati in Italia. Un loro covo fu la cittadella arroccata di Sirmione, sul lago di Garda, dove furono benevolmente accolti dal vescovo Lorenzo. Una spedizione militare guidata da Alberto Della Scala, appartenente alla nota famiglia veronese, assediò e sconfisse i Catari di Sirmione. Li catturò e li fece bruciare vivi nell’arena di Verona il 13 febbraio 1278.
Perfino negli Stati della Chiesa quei Catari erano andati a insediarsi. Intervenne l’Inquisizione per fare piazza pulita. Per esempio, nel circondario di Orvieto fu dato ordine di abbattere tutte le torri e i castelli dove avevano trovato ospitalità.

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