Cristianesimo - Le Grandi Verità della Bibbia

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Gli Eretici   dal
Medioevo alla Riforma





Gli   Arnaldisti


Arnaldo nacque a Brescia intorno al 1090. Quando nella sua città era un giovane monaco agostiniano brillò talmente negli studi che i suoi superiori lo mandarono a Parigi alla scuola di Pietro Abelardo (1079-1142), il grande pensatore e razionalista, promotore del Concettualismo, che negli argomenti religiosi poneva la ragione al di sopra dell’autorità della tradizione. Pietro Abelardo aveva scritto un libro intitolato "Sic et non", in cui aveva messo in luce le contraddizioni presenti nel pensiero dei Padri della Chiesa, aprendo la via alla critica dei testi patristici. Fu avversato da Bernardo di Chiaravalle in un dibattito decisivo al Concilio di Sens del 1141. Entrambi videro chiaramente dove sarebbe andato a parare questo conflitto di principi. Se fosse prevalso quello di Bernardo, l’autorità della tradizione sarebbe stata l’unica guida della coscienza del cristiano e perfino l’appellarsi a fatti storici sarebbe stato tradimento ed eresia. Se fosse prevalso quello di Abelardo, i cristiani avrebbero raggiunto una visione modernista, sviluppando dottrine del tutto incompatibili con l’autorità della tradizione. Questo fu l’inizio della lotta fra Ultramontanismo e Modernismo. Abelardo fu dichiarato eretico e ridotto al silenzio in un monastero.

Buona parte delle sue idee devono avere profondamente influenzato Arnaldo. Ma mentre Abelardo era un filosofo, Arnaldo era un predicatore e un politico. Baronio infatti lo chiamò "il padre delle eresie politiche". Sosteneva che la proprietà delle terre non spettasse alla Chiesa ma allo Stato, a servizio della società intera. Con ciò non usciva dall’ortodossia, perché si basava su un canone del papa Pasquale I (817-824), caduto nell’oblio. Arnaldo, profondamente colpito dalla corruzione della Chiesa, si oppose alla mondanità del clero e predicò l’ideale apostolico per un rinnovamento della Chiesa stessa, che la riportasse alla santità e alla purezza delle origini. Dichiarò che la Chiesa non avrebbe dovuto avere possedimenti ma vivere di lavoro e di offerte volontarie, perché chiamata allo spirito e non alla carne. Diceva: "Non deve il popolo avere i sacramenti dai cattivi sacerdoti né comunicare ad essi i suoi peccati, ma piuttosto confessarseli l’un l’altro".

Arnaldo fu un modello di vita perché praticava quel che predicava e i suoi sermoni scossero e divisero la popolazione lombarda, tanto che Innocenzo II al Concilio lateranense del 1139 prese contro di lui e i suoi seguaci delle misure preventive:  Arnaldo fu accusato di incitare i laici contro il clero e venne bandito dall’Italia come scismatico, ma non fu condannato come eretico.

Si rifugiò a Parigi, dove si guadagnò da vivere insegnando teologia, ma anche lì, subito dopo aver cominciato a predicare le sue idee, fu obbligato ad andarsene. Fuggì a Zurigo, dove Bernardo di Chiaravalle lo denunciò come eretico, dichiarando che le sue parole erano miele ma la sua dottrina veleno e aggiungendo: "Mangia solo il pane del demonio e beve soltanto il sangue delle anime".
Arnaldo, tre secoli prima di Lorenzo Valla, aveva ritenuto un falso la donazione di Costantino. Chiese che l’imperatore Corrado III di Svevia venisse a Roma per istituire con il popolo un Comune indipendente dal papa, desiderando la completa separazione della Chiesa dallo Stato. Morto Corrado III ripeté l’invito a Federico Barbarossa, ignorando i propositi di quest’ultimo contro l’autonomia dei Comuni in Italia. Nel 1145 giunse a Roma per partecipare alla creazione del Comune repubblicano della città, del quale divenne il capo.

Nello stesso anno il papa Lucio II era morto per aver ricevuto una sassata alla testa mentre attaccava, con l’aiuto del normanno Ruggero, i repubblicani asserragliati in Campidoglio. Bernardo di Chiaravalle scrisse subito ai romani: "Pecorelle smarrite, tornate al vostro Pastore, al vostro Vescovo! Illustre città di eroi, torna a riconciliarti con Pietro e con Paolo, tuoi principi veri!". Bernardo morì nel 1153 senza essere stato ascoltato dal popolo di Roma.

Nel 1155 Federico Barbarossa, sceso in Italia nell’anno precedente, dopo aver distrutto alcuni Comuni (Tortona, Asti e Chieti) ed essere stato incoronato a Pavia come re d’Italia, marciò su Roma per porre fine al Comune. Si era intanto meritato l’appellativo di "sterminatore di città". Anche a Roma riuscì nel suo intento e consegnò Arnaldo da Brescia al papa inglese Adriano IV, il quale  aveva condannato a morte il monaco come eretico e aveva scomunicato la città di Roma insorta contro di lui. Arnaldo venne  impiccato, il suo cadavere fu arso infilzato in uno spiedo e le sue ceneri vennero disperse nel Tevere. Aveva circa sessantacinque anni. Federico ottenne subito come premio dal Papa la corona imperiale.

Gli Arnaldisti o Eretici lombardi continuarono la sua opera per qualche anno, ma da che furono banditi come eretici dal Concilio di Verona del 1184 scomparvero. Non avevano un’organizzazione vera e propria: rappresentando piuttosto una tendenza del pensiero religioso che rimase molto diffusa nell’Italia settentrionale.

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