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Isaac Newton

Sir Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth, 25 dicembre 1642Londra, 20 marzo 1727) è stato un matematico, fisico, filosofo naturale, astronomo, teologo e alchimista inglese; citato anche come Isacco Newton, è considerato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi e fu Presidente della Royal Society.

Noto soprattutto per il suo contributo alla meccanica classica, Isaac Newton contribuì in maniera fondamentale a più di una branca del sapere. Pubblicò i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica nel 1687, opera nella quale descrisse la legge di gravitazione universale e, attraverso le sue leggi del moto, stabilì i fondamenti per la meccanica classica. Newton inoltre condivise con Gottfried Wilhelm Leibniz la paternità dello sviluppo del calcolo differenziale o infinitesimale. Newton fu il primo a dimostrare che le leggi della natura governano il movimento della Terra e degli altri corpi celesti. Egli contribuì alla rivoluzione scientifica e al progresso della teoria eliocentrica. A Newton si deve anche la sistematizzazione matematica delle leggi di Keplero sul movimento dei pianeti. Oltre a dedurle matematicamente dalla soluzione del problema della dinamica applicata alla forza di gravità (problema dei due corpi) ovvero dalle omonime equazioni di Newton, egli generalizzò queste leggi intuendo che le orbite (come quelle delle comete) potevano essere non solo ellittiche, ma anche iperboliche e paraboliche. Newton fu il primo a dimostrare che la luce bianca è composta dalla somma (in frequenza) di tutti gli altri colori. Egli, infine, avanzò l'ipotesi che la luce fosse composta da particelle da cui nacque la teoria corpuscolare della luce in contrapposizione ai sostenitori della teoria ondulatoria della luce, patrocinata dall'astronomo olandese Christiaan Huygens e dall'inglese Young e corroborata alla fine dell'Ottocento dai lavori di Maxwell e Hertz. La tesi di Newton trovò invece conferme, circa due secoli dopo, con l'introduzione del "quanto d'azione" da parte Max Planck (1900) e l'articolo di Albert Einstein (1905) sull'interpretazione dell'effetto fotoelettrico a partire dal quanto di radiazione elettromagnetica, poi denominato fotone.

Queste due interpretazioni coesisteranno nell'ambito della meccanica quantistica, come previsto dal dualismo onda-particella.
Isaac Newton occupa una posizione di grande rilievo nella storia della scienza e della cultura in generale. Il suo nome è associato a una grande quantità di leggi e teorie ancora oggi insegnate: si parla così di dinamica newtoniana, di leggi newtoniane del moto, di legge di gravitazione universale. Più in generale ci si riferisce al newtonianesimo come a una concezione del mondo che ha influenzato la cultura europea per tutto il Seicento. Era un filosofo della natura che utilizzava metodi matematici ed enunciava leggi del moto diverse da quelle che compaiono sui nostri manuali. Newton era però attratto dalla filosofia della natura. Ben presto cominciò a leggere le opere di Cartesio, in particolare un'opera pubblicata nel 1673 in cui le curve vengono rappresentate per mezzo di equazioni. Negli anni in cui era studente a Cambridge alla cattedra presiedevano due figure di grande rilievo: Isaac Barrow e Henry More che esercitarono una forte influenza sul ragazzo. Newton, negli anni seguenti, costruì le sue scoperte matematiche e sperimentali facendo riferimento a un gruppo ristretto di testi.

Infanzia
Newton nacque a Woolsthorpe-by-Colsterworth, nel Lincolnshire il 25 dicembre del 1642 o il 4 gennaio del 1643, in una famiglia di allevatori. Suo padre, anch'egli di nome Isaac, morì tre mesi prima della sua nascita. Tre anni dopo, sua madre Anna Ayscough, si risposò con un tale di nome Barnabas Smith, di sessant'anni, lasciando il piccolo Isaac alle cure dei nonni materni. In quegli anni egli fu molto infelice: odiava il suo patrigno e pare che una volta sia giunto a minacciare di incendiare la sua casa. Si dice che Newton abbia riso una sola volta in vita sua: quando uno studente gli chiese se valesse la pena di studiare gli Elementi di Euclide. Nel 1652, quando Isaac aveva dieci anni, il patrigno morì lasciandogli un'eredità non indifferente con cui poté pagarsi l'istruzione alla King's School, a Grantham. Alloggiava presso la famiglia Clark, imparentata con i Newton. Sembrerebbe aver avuto una relazione sentimentale con Catherine Storer, figliastra del padrone di casa. Probabilmente non fu una cosa importante ma fu praticamente l'unica relazione sentimentale che Newton ebbe nella sua vita. Durante quel periodo aveva preso strane abitudini: costruiva meridiane, clessidre ad acqua e modelli funzionanti di mulini. Alla fine del 1658, la madre lo costrinse a abbandonare gli studi e lo richiamò a casa per accudire i campi ma si rivelò un pessimo agricoltore. Alla fine il suo maestro convinse sua madre a fargli proseguire gli studi al Trinity College di Cambridge dove si trasferì nel 1661. A quel tempo gli insegnamenti del College erano basati su Aristotele, ma Newton preferiva filosofi più moderni come Cartesio, Galileo, Niccolò Copernico e Keplero. Nel 1665 ottenne il Bachelor of Arts; nel 1666 fu eletto Junior Fellow. Successivamente, nel 1668, conseguì il titolo di Master of Arts e divenne Senior Fellow.

Maturità
Nel 1665, scoprì il teorema binomiale. Poco dopo il College fu chiuso per via della peste che si stava diffondendo nella zona partendo da Londra. Newton approfittò di questa interruzione per proseguire gli studi per conto suo; durante questo periodo di isolamento quasi assoluto, e a soli 22 anni, scoprì le Identità di Newton, il metodo di Newton, approssimò la serie armonica tramite i logaritmi e cominciò a sviluppare il calcolo infinitesimale. Newton sviluppò il calcolo infinitesimale indipendentemente da Leibniz, che però usò una notazione più precisa. È certo che Newton scoprì il calcolo dieci anni prima di Leibniz, ma pubblicò la sua scoperta molto dopo. Newton sostenne di non aver pubblicato il suo lavoro per timore di essere deriso. Dal 1699 alcuni membri della Royal Society accusarono Leibniz di plagio, e cominciò una violenta contesa su chi avesse inventato il calcolo. Questa disputa amareggiò le vite di entrambi i contendenti fino alla morte di Leibniz nel 1716. Anche dopo la sua morte Newton continuò a denigrare la memoria dell'avversario fino al punto che, secondo alcuni, sarebbe arrivato a compiacersi di avergli "spezzato il cuore". Divenne professore lucasiano di matematica nel 1669. A quei tempi tutti i fellow di Cambridge erano ordinati preti anglicani anche se questo non era esplicitamente richiesto. Facendo leva su questo, Newton si rivolse al Re Carlo II e non divenne sacerdote.

Dal 1670 al 1672 si occupò di ottica. Durante questo periodo studiò la rifrazione della luce dimostrando che un prisma può scomporre la luce bianca in uno spettro di colori, e quindi una lente e un secondo prisma possono ricomporre lo spettro in luce bianca. Da questo lavoro concluse che ogni telescopio rifrattore avrebbe sofferto della dispersione della luce in colori, e inventò il telescopio riflettore per aggirare il problema. (Solo più avanti, quando divennero disponibili vetri con diverse proprietà rifrattive, divenne possibile costruire lenti acromatiche). Negli anni '70 rifiutò la filosofia meccanicista cartesiana, ritenendola fonte di conseguenze teologicamente errate. Inoltre si convinse che la vera filosofia naturale non sia da cercare nelle opere dei suoi contemporanei, ma piuttosto nelle opere dell'antica tradizione alchemica e nei libri sacri.

Nel 1671 la Royal Society lo chiamò per una dimostrazione del suo telescopio riflettore. Il loro interesse lo incoraggiò a pubblicare le note On Colours (Sui colori) che più tardi arricchì nel suo lavoro Opticks (Ottica). Quando Robert Hooke criticò alcune delle sue idee, Newton ne fu così offeso che si ritirò dal dibattito pubblico e i due rimasero nemici fino alla morte di Hooke. Una volta disse, in una lettera a Hooke datata 5 febbraio 1676, « Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle di giganti » benché questa frase, coniata nel Medioevo da Bernardo di Chartres, appaia come segno di modestia, alcuni ritengono che fu pungente: Hooke infatti era un uomo di bassa statura. L'impegno di Newton per la scienza è chiaramente dimostrato da un particolare esperimento sull'ottica. Avendo l'idea che il colore fosse provocato dalla pressione sull'occhio, egli premette un ago da calza intorno al suo occhio fino a quando poté dare dei colpetti al retro dello stesso, notando spassionatamente "cerchi bianchi, scuri e colorati fintanto che continuava ad agitarlo".
Newton pensava che la luce fosse composta di particelle. Fisici successivi preferirono una spiegazione basata sulle onde in base ai risultati di alcuni esperimenti. Nel suo Hypothesis of Light (Ipotesi sulla luce) del 1675, Newton postulò l'esistenza dell'etere per trasmettere le forze tra le particelle. Successivamente Henry More, un collega di Cambridge, ravvivò il suo interesse per l'alchimia tanto che rimpiazzò la teoria dell'etere con forze occulte basate sulle idee ermetiche, sull'attrazione e repulsione tra particelle.

La mela e la gravità
Si racconta che Newton nel 1666, l'annus mirabilis, fosse seduto sotto un melo nella sua tenuta a Woolsthorpe quando una mela gli cadde sulla testa. Ciò, secondo la leggenda diffusa da Voltaire, lo fece pensare alla gravitazione e al perché la Luna non cadesse sulla terra come la mela. Cominciò a pensare dunque a una forza che diminuisse con l'inverso del quadrato della distanza, come l'intensità della luce. Newton però non tenne conto delle perturbazioni planetarie e di conseguenza i suoi calcoli sul moto della Luna non erano corretti. Deluso smise quindi di pensare alla gravitazione. Nel 1679, Newton ritornò alle sue idee sulla gravità, sulla meccanica classica, e sugli effetti di queste sulla determinazione delle orbite dei pianeti e sulle leggi di Keplero. Consultò su questo Robert Hooke e John Flamsteed, astronomo reale. Newton avrebbe probabilmente tenuto per sé le proprie scoperte, se Edmund Halley non gli avesse chiesto di trovare risposta a un problema di meccanica celeste. Newton gli mostrò il suo manoscritto intitolato De Motu Corporum (1684) che conteneva le tre leggi del moto. Halley convinse Newton a pubblicare quelle carte ed egli, inserendo il manoscritto in un'opera più ampia, diede alle stampe i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (Principi matematici della filosofia naturale) comunemente chiamati Principia. L'opera, pubblicata a spese di Halley in tre volumi nel 1687, è unanimemente considerata un capolavoro assoluto della storia della scienza; con essa Newton stabilì le tre leggi universali del movimento che non sono state migliorate per i successivi trecento anni. Egli usò la parola latina gravitas (peso) per la determinazione analitica della forza che sarebbe stata conosciuta come gravità, e definì la legge della gravitazione universale. Nello stesso lavoro presentò la prima determinazione analitica, basata sulla legge di Boyle, sulla velocità del suono nell'aria.

La tradizione vuole che Newton fosse seduto sotto un albero di mele quando una mela cadde sulla sua testa e questo gli fece capire che la forza gravitazionale terrestre e celeste sono la stessa cosa. Questa in realtà è un'esagerazione di un episodio narrato da Newton stesso secondo il quale egli sedeva a una finestra della sua casa (Woolsthorpe Manor) e vide una mela cadere dall'albero. A ogni modo, si ritiene che anche questa storia sia stata inventata dallo stesso Newton più avanti negli anni, per dimostrare quanto fosse abile a trarre ispirazione dagli eventi di tutti i giorni. Uno scrittore suo contemporaneo, William Stukeley, registrò nelle sue Memoirs of Sir Isaac Newton's Life una conversazione con Newton a Kensington il 5 aprile 1726, nella quale Newton ricordava «quando per la prima volta, la nozione di forza di gravità si formò nella sua mente. Fu causato dalla caduta di una mela, mentre sedeva in contemplazione. Perché la mela cade sempre perpendicolarmente al terreno, pensò tra sé e sé. Perché non potrebbe cadere a lato o verso l'alto ma sempre verso il centro della Terra.» L'episodio divenne famoso quando fu ripreso da Voltaire nella quindicesima delle sue Lettres philosophiques (1734).

Il successo e la crisi nervosa
Con i Principia, Newton venne riconosciuto internazionalmente e conquistò un circolo di ammiratori, fra cui fu importante il matematico di origini svizzere Nicolas Fatio de Duillier, con il quale stabilì un'intensa relazione che durò fino al 1693. La fine di quest'amicizia portò Newton a un esaurimento nervoso. Durante questo esaurimento Newton si avvicinò molto alla pazzia e scrisse lettere deliranti e accusatorie ad alcuni suoi amici, tra i quali anche Locke. Alcuni ritengono che alla causa di questo momentaneo esaurimento nervoso ci fossero i vapori di mercurio respirati negli esperimenti alchemici.  Altri ritengono che ci siano correlazioni, comunque non dimostrate, tra i suoi forti esaurimenti nervosi e alcune sue importanti scoperte. Nel 1696 per risollevarlo da questa crisi Charles Montagu gli offrì un posto alla zecca reale.

Ultimi anni
Newton si trasferì a Londra per prendere il posto di guardiano della Zecca Reale nel 1696. Si fece carico del grande programma di nuova coniazione delle monete inglesi, seguendo il cammino di Master Lucas (e favorendo la nomina di Edmond Halleya sovraintendente della zecca di Chester). Newton divenne direttore della Zecca alla morte di Lucas nel 1699. Questi incarichi erano intesi come sinecure, ma Newton li prese seriamente, esercitando il suo potere per riformare la moneta e punire i falsari. Egli si ritirò dai suoi incarichi a Cambridge nel 1701. La riforma monetaria di Newton anticipò il gold standard che l'Inghilterra adotterà per prima nel 1717, seguita da altre nazioni nei secoli successivi, fino all'adozione statunitense ai primi del Novecento. Newton stabilì un cambio fisso fra la sterlina e l'oncia d'oro; inoltre, elaborò dei metodi per aumentare la produttività della zecca, con misure per un maggior controllo della quantità d'oro e argento nelle monete coniate. Riuscì in questo modo a chiudere le filiali provinciali della Banca d'Inghilterra e a tornare a una produzione centralizzata della moneta. Nel 1697 gli arrivò una copia del problema della brachistocrona che Bernoulli aveva ideato come una sfida a tutti matematici d'Europa e in particolare a Newton. Egli risolse il problema in una notte e inviò la risposta al matematico svizzero non firmata. Bernoulli la riconobbe però immediatamente.

Newton fu anche un membro del Parlamento dal 1689 al 1690 e nel 1701, ma il suo solo intervento registrato fu per lamentarsi di una corrente d'aria fredda e la richiesta che venisse chiusa la finestra. Nel 1701 Newton pubblicò anonimamente una legge della termodinamica ora conosciuta come legge di Newton del raffreddamento nel Philosophical Transactions of the Royal Society. Nel 1703 Newton divenne presidente della Royal Society e un associato della Académie des Sciences. Nella sua posizione alla Royal Society, Newton si fece nemico di John Flamsteed, l'Astronomo reale, tentando di rubare il suo catalogo di osservazioni. Nel 1705 fu investito del titolo di cavaliere dalla Regina Anna. Newton non si sposò mai, né ebbe figli riconosciuti. Morì a Kensington, Londra, il 20 marzo 1727 all'età di 84 anni e il 28 fu sepolto nell'Abbazia di Westminster. Voltaire, che era presente al funerale, disse che era stato sepolto come un re. Per lui Alexander Pope scrisse un famoso poemetto che comincia così: « La natura e le leggi della natura giacevano nascoste nella notte; Dio disse: «Che Newton sia!», e luce fu » Invece sulla tomba fu inciso l'epitaffio: « Si rallegrino i mortali perché è esistito un tale e così grande onore del genere umano » Dopo la morte il corpo è stato riesumato ed è stata trovata un'alta quantità di mercurio nei suoi capelli, probabilmente per via dei numerosi esperimenti di alchimia.

Personalità e interessi
Newton era a detta di molti un uomo scorbutico e sgradevole, tanto che si era sparsa la notizia - diffusa ancor oggi - che egli avesse riso solo una volta in vita sua (anche se il suo William Stukeley smentì tale asserzione). Era paranoico e temeva la povertà e le critiche degli altri. Fu inoltre litigioso e si imbarcò in dispute accanite con molti suoi contemporanei come Hooke, Leibniz (per cui provava una profonda avversione) o Flamsteed. A causa del suo comportamento solitario e asociale, si è detto che potesse soffrire di una forma di autismo. Temeva che le sue idee poco ortodosse sulla religione potessero causargli problemi e tenne segreti i suoi scritti filosofici. Non solo, egli non pubblicò nemmeno, o pubblicò molto tardi, gran parte dei suoi scritti scientifici: probabilmente fece ciò per paura delle critiche, ma alcuni ritengono che fosse guidato da convinzioni molto vicine al pitagorismo e al neoplatonismo, oltre che al neostoicismo,[9] e che considerasse il sapere come bene da condividere solo tra pochi eletti.

Scritti alchemici
Newton dedicò molto tempo anche all'alchimia: in un'epoca in cui i principi della chimica non erano chiari, egli cercava di indagare sulla natura delle sostanze rifacendosi a tradizioni ermetiche ed effettuando esperimenti successivamente relegati nella pseudoscienza. John Maynard Keynes, che acquisì molti degli scritti di Newton sull'alchimia, disse che «Newton non fu il primo dell'età della ragione: fu l'ultimo dei maghi». L'interesse di Newton nell'alchimia non può essere isolato dai suoi contributi alla scienza. Se non avesse creduto nell'idea occulta dell'azione a distanza, attraverso il vuoto, probabilmente non avrebbe sviluppato la sua teoria sulla gravità. Lo scienziato trascorreva il settembre di ogni anno immerso nelle pratiche alchemiche, il cui metallo prediletto era il mercurio. I suoi esaurimenti nervosi ed eccentricità furono attribuiti in seguito ai sintomi psichici e neurologici dell'avvelenamento da mercurio, o, in alternativa, a un disturbo bipolare. Newton cominciò a interessarsi di alchimia a seguito dello studio di Robert Boyle. Un altro dei punti di riferimento per la riflessione alchemica di Newton fu l'alchimista americano George Starkey, la cui opera principale, l'Introitus, fu studiata da Newton nella sua traduzione inglese del 1669, intitolata Secrets Reveal'd. Anche il circolo dei chemical philosophers, guidato da Samuel Hartlib e dallo stesso Starkey furono un catalizzatore della curiosità di Newton verso l'alchimia. L'apice della riflessione alchemica di Newton viene raggiunto con il saggio intitolato Praxis, scritto nel 1693. Il trattato è suddiviso in una prima parte teorica di esplorazione della simbologia alchemica, seguito da una sezione dedicata all'attività pratica dell'alchimia. Quest'ultima parte dà il nome all'intero saggio. Praxis non venne mai pubblicato in vita,[11] e dopo la sua composizione il coinvolgimento di Newton nell'alchimia andò scemando.[12] Da un manoscritto lasciato inedito sappiamo che Newton non considerava l'alchimia come qualcosa di diverso dalle scienze esatte. La sua volontà era di dedicarsi allo studio di processi come la crescita e la vegetazione per capire appunto lo spirito vegetativo che sta alla base della crescita, concetto questo molto legato agli studi alchemici.

Scritti di esegesi biblica e anti-trinitarismo
Newton si interessò molto anche di religione. Un'analisi di tutti gli scritti di Newton rivela che di circa 3.600.000 parole solo 1.000.000 furono dedicate alle scienze, mentre circa 1.400.000 furono dedicate a soggetti religiosi. Negli anni sessanta del XVII secolo, Newton scrisse numerosi opuscoli religiosi sulla interpretazione letterale della Bibbia. Credeva che in vari punti il testo del libro fosse stato forzato e falsificato e si adoperò in ogni misura per riuscire a trovare il significato originale del libro. La fede di Henry More nell'infinitezza dell'universo potrebbe aver influenzato le idee religiose di Newton. Studiando la Bibbia infatti Newton arrivò alla conclusione che il dogma trinitario fosse un'invenzione postuma. Un manoscritto che egli inviò a John Locke nel quale metteva in discussione l'esistenza della Trinità non fu mai pubblicato. In An Historical Account of Two Notable Corruptions of Scripture, pubblicata la prima volta nel 1754, ventisette anni dopo la sua morte, prese in esame tutte le prove testuali ottenibili da fonti antiche su due passi della Bibbia: I Giovanni 5:7 e I Timoteo 3:16 per dimostrare l'inesistenza scritturale della dottrina trinitaria. Fu considerato un precursore del deismo settecentesco per la sua fede in un Dio creatore immobile e trascendente dell'universo. Tale idea informò il metodo newtoniano, in particolare per il postulato di semplicità e uniformità dell'universo. Newton credeva che le Scritture fossero opera divina ma considerava Dio come un demiurgo, un "orologiaio" dell'Universo, essere impalpabile che lo aveva messo in moto. Vedeva come prova dell'esistenza di questo Essere la complessità dei moti planetari. Scrisse in una lettera del 10 dicembre 1682 a Richard Bentley: « Non credo che ciò [l'Universo] si possa spiegare solo con cause naturali, e sono costretto a imputarlo alla saggezza e all'ingegnosità di un essere intelligente » Newton si dimostra estremamente scettico nei confronti sia della Chiesa cattolica, sia di quella anglicana, basando le sue convinzioni religiose sull'unicità di Dio e sulla dottrina di Ario. Odiava la Chiesa cattolica e si oppose ai provvedimenti filo-cattolici che Giacomo II volle imporre all'Università di Cambridge

Scritti di cronologia biblica ed escatologia
Nel Trattato sull'Apocalisse si riserva di applicare il metodo scientifico dei Principia con un simile metodo ermeneutico per lo scritto attribuito a San Giovanni, deducendo assiomi e regole uniformi per decidere l'interpretazione migliore e più fedele alla lettera del testo, con lo stesso metodo e perciò con lo stesso grado di evidenza e certezza che i Principia permettono di ottenere nella scelta dell'interpretazione migliore di un dato sperimentale. Nel testo sostiene che l'oscurità e impenetrabilità dei testi è nei piani di Dio il quale all'avvicinarsi del tempo apocalittico suggerirà a qualche credente quella verità storica che è rimasta ignota per secoli anche alle persone più dotte che hanno tentato di interpretarla:
« E se Dio fu così adirato con gli Ebrei perché non avevano esaminato più diligentemente le profezie che egli aveva dato loro per riconoscere Cristo, perché dovremmo pensare che ci scuserà se non esamineremo le profezie che ci ha dato per riconoscere l'Anticristo? Poiché certamente aderire all'Anticristo deve essere per i cristiani un errore tanto pericoloso e tanto facile quanto lo fu per gli Ebrei rifiutare Cristo. E perciò è tanto nostro dovere sforzarci di essere in grado di riconoscerlo, noi che possiamo evitarlo, quanto lo fu il loro di riconoscere Cristo che potevano seguire »
(I. NEWTON, Trattato sull'Apocalisse, a cura di M. MAMIANI, Bollati e Boringhieri, Torino, 1994, p. 7)

In un manoscritto redatto nel 1704 nel quale descrive i suoi tentativi di estrarre informazioni scientifiche dalla Bibbia, stimò che la fine del mondo sarebbe avvenuta nell'anno 2060. Basandosi sulla profezia di Daniele, Newton calcola che la Seconda venuta di Cristo avverrà non prima del 2.060, vale dire 1.260 anni (in Dan 7:25, 1260 giorni equivale a 1260 anni, interpretazione condivisa da varie confessioni; e anche Apoc. 11.3 il ministero dei due profeti dura 1260 giorni) dopo l'incoronazione di Carlo Magno nell'800, in realtà tali calcoli sono frutto di considerazioni private e interpretazioni arbitrarie dei riferimenti cronologici dei testi biblici, in quanto per lo scienziato la data a cui fa riferimento è una data minima, tenendo anche conto della data di partenza presa per effettuare il calcolo. I suoi lavori più tardi – The Chronology of Ancient Kingdoms Amended (1728) e Observations Upon the Prophecies of Daniel and the Apocalypse of St. John (1733) – furono pubblicati dopo la sua morte. Egli riteneva che le sue ricerche più impegnative fossero quelle dedicate agli studi della cronologia antica: il suo metodo, del tutto originale, si basava sull'applicazione del fenomeno della precessione degli equinozi per la datazione degli eventi storici.

Altri interessi
Forse per i suoi interessi alchemici è stato più volte accostato a presunte organizzazioni segrete come la setta dei Rosacroce e il fantomatico Priorato di Sion (di cui si dice che sia stato anche grande maestro). Era vegetariano e a questa sua scelta etica si ispirò la critica alle crudeltà sugli animali contenuta negli Elementi della filosofia di Newton (1737) di Voltaire.] Newton era forse omosessuale o asessuale, ed ebbe probabilmente una sola relazione sentimentale con una donna, Catherine Storer, quando era ancora un ragazzo; non si sposò mai ed è opinione comune - anche se di impossibile verifica - che egli morì vergine, come affermarono alcune importanti figure quali il matematico Charles Hutton, l'economista John Maynard Keynes e il fisico Carl Sagan. Voltaire, che presenziò al funerale di Newton, affermò che tale notizia gli era stata confermata "dal medico e dal chirurgo che erano con lui quando morì"; inoltre nel 1733 il filosofo francese ribadì che Newton "non aveva né passioni né debolezze" e che "non si era mai avvicinato a nessuna donna".  
da Wikipedia
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